Secondo recenti stime, le lingue parlate intorno al mondo sono circa 7000. Come tutti sappiamo, le lingue differiscono tra loro per moltissimi aspetti: sonorità, alfabeto, lessico, struttura ecc. Se è vero che diverse specie animali posseggono un sistema di comunicazione efficiente, nessuna ha sviluppato un sistema linguistico tanto articolato e complesso come quello dell’essere umano.
Proprio in virtù di quest’incredibile unicità, il linguaggio affascina ed interroga l’umanità da millenni. Una domanda che ha suscitato sempre più interesse nel corso dei secoli è: la lingua che parliamo influenza il modo in cui pensiamo?
Fino a poche decine di anni fa non erano ancora disponibili abbastanza dati e informazioni per poter davvero rispondere a questa domanda. Oggi le cose sono cambiate. Numerosi esperimenti sembrano provare l’affermatività della risposta; di seguito troverete qualche esempio.
I Kuuk Thaayorre e l’orientamento
La scienziata cognitiva Lera Boroditsky ha studiato approfonditamente il sistema linguistico dei Kuuk Thaayorre, una comunità aborigena australiana situata ad ovest di Cape York.
Un aspetto linguistico interessante individuato dalla Boroditsky riguarda l’espressione della direzione. I Kuuk Thaayorre non usano parole come “destra” e “sinistra”; le direzioni spaziali sono espresse attraverso i punti cardinali nord, sud, est e ovest. Una frase del tutto normale sarebbe “Attento, c’è una zanzara sulla tua gamba a sud ovest”. L’orientamento è estremamente importante per questa tribù, tanto che il loro modo di salutarsi corrisponde a una frase traducibile letteralmente “In che direzione stai andando?”. Ad una domanda di questo tipo corrisponde una risposta come “Vado verso nord-nordest, e tu?”.
Numerosi altri studi ed esperimenti hanno provato che i Kuuk Thaayorre e altri individui che parlano lingue con lo stesso sistema si orientano in modo stupefacente, più di quanto si credeva fosse possibile per l’essere umano.
Lo spettro dei colori
Un altro elemento che può variare sensibilmente da lingua a lingua è lo spettro dei colori. Anche se la maggior parte delle lingue possiede moltissimi vocaboli per indicare i colori, altre culture ne posseggono molti meno. Ad esempio, lo Tsimane, linguaggio amazzonico-boliviano, utilizza solo tre vocaboli: nero, bianco e rosso.
Indipendentemente dal numero dei vocaboli, le lingue differiscono nel modo in cui delimitano i vari colori. Per esempio, in inglese una stessa parola, “blu”, corrisponde in russo a due colori, “goluboy” e “siniy”. I parlanti russi e inglesi sono stati sottoposti a vari esperimenti in cui si chiedeva loro di distinguere visivamente vari colori appartenenti alla fascia del blu. Il risultato? I russi si sono dimostrati incredibilmente più veloci e reattivi rispetto agli inglesi.
Il genere dei sostantivi
Se hai mai studiato una lingua straniera ti sarai reso conto delle differenze nell’esprimere il genere dei sostantivi. Se in italiano un sostantivo può essere maschile o femminile, in tedesco può essere anche neutro, mentre in inglese il genere non è previsto affatto.
Inoltre, lo stesso sostantivo può avere due generi diversi a seconda della lingua. Ad esempio, il sole è maschile in italiano e femminile in tedesco, mentre la luna esattamente il contrario. Quali conseguenze sulle modalità di pensiero degli individui? I tedeschi potrebbero pensare al sole come a un’entità più femminile e alla luna come a un’entità maschile? Pare proprio di sì.
Durante un esperimento è stato chiesto a dei parlanti tedeschi e spagnoli di descrivere un ponte partendo da una foto. Il ponte è maschile in spagnolo e femminile in tedesco. I risultati mostrarono che i tedeschi tendevano a descrivere il ponte come “raffinato”, “elegante”, e altri aggettivi stereotipicamente associati all’universo femminile. Gli spagnoli descrivevano lo stesso ponte come “forte”, “imponente”, “massiccio”, aggettivi stereotipicamente maschili.
Il genere associato ai sostantivi può quindi influenzare il nostro modo di pensare relativo a tutte quelle entità soggette al genere, il che significa la maggioranza del nostro vocabolario. Incredibile, non trovi?
La descrizione degli eventi
Le lingue differiscono anche per il modo in cui descrivono alcuni eventi. Prendiamo a titolo esemplificativo la situazione seguente: Lucia si trova in un negozio d’antiquariato e accidentalmente fa cadere un vaso dal suo piedistallo, rompendolo. Per descrivere la situazione, in italiano diremmo tranquillamente “Lucia ha rotto il vaso”. In altre lingue, come lo spagnolo, si tende piuttosto ad utilizzare una struttura passiva: “Il vaso si è rotto”. Se qualcosa è frutto di un incidente, perché utilizziamo una struttura che afferma che “Lucia” ha “fatto” qualcosa? In modo analogo, in italiano diciamo “Mi sono rotto il braccio”. In moltissime lingue un’espressione di questo tipo non è consentita, a meno che tu non ti sia rotto il braccio volontariamente.
Queste sfumature possono sembrare irrilevanti, ma in realtà implicano varie conseguenze. I parlanti di lingue diverse pongono l’attenzione su aspetti diversi. Nell’esempio del vaso, sul lungo termine i parlanti italiani si ricorderanno di chi ha causato l’incidente, dal momento che l’italiano richiede l’espressione del soggetto “Lucia ha rotto il vaso”. Al contrario, i parlanti spagnoli non ricorderanno chi ha causato l’incidente, ma il fatto che si è trattato di un incidente. Pertanto, due persone che assistono allo stesso evento finiscono per ricordare due cose diverse. Da non sottovalutare poi come questi diversi sistemi possano influenzare l’idea di colpa/punizione.
Che pensieri voglio creare?
I pochi esempi menzionati dimostrano che le lingue possono effettivamente modificare il modo in cui pensiamo.
La diversità linguistica ci dimostra ancora una volta quanto sia ingegnosa e flessibile la mente umana. Tutto ciò acquista ancora più valore se si pensa che la maggioranza degli studi in questo campo sono realizzati da ricercatori americani o inglesi, il che esclude la stragrande maggioranza dell’umanità. Appare chiaro che ciò che conosciamo attualmente sulla mente umana è polarizzato e non esaustivo.
Prendi questo articolo come spunto di riflessione per porti delle domande: perché penso quello che penso? Come potrei pensare diversamente? Ma soprattutto: che pensieri voglio creare?
Ti interessa approfondire l’argomento? Ti consigliamo la conferenza della dottoressa Lera Boroditsky.
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